Di espressioni idiomatiche, botti e fondoschiena
MODI DI DIRE
Una delle insidie ricorrenti, quando cerchiamo di tradurre fedelmente e nel modo più naturale possibile un testo da una lingua a un’altra, è sicuramente quella costituita dai modi di dire, le frasi idiomatiche, le espressioni tipiche.
Innanzitutto, perché occorre saperli riconoscere come tali. Che senso avrebbe tradurre alla lettera dal francese in italiano «ça ne casse pas trois pattes à un canard», ovvero: “non rompe tre zampe a un’anatra”?
Ben poco. Ciò che dobbiamo rendere è il senso del modo di dire: non è nulla di speciale, di straordinario. Non è nulla di che, insomma.
Devo confessare che i modi di dire e le espressioni tipiche, le loro equivalenze o meno da una lingua all’altra sono una cosa che mi ha sempre appassionato. Ho pensato perciò di inserire in questo blog una rubrica a loro dedicata. Senza pretese, né regolarità, di tanto in tanto, dare spazio a un’espressione tipica, i suoi significati, le sue ragioni, origini, implicazioni e tutto ciò che mi verrà in mente.
Iniziamo da “Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca”:
pare che il primo a riportarla per iscritto fu De Roberto ne “I viceré”, ma la popolarità dell’espressione risale sicuramente a molto prima. Probabilmente esiste da quando esistono il vino, le mogli e… i mariti infedeli. Perché, se il significato metaforico della frase è abbastanza evidente: non si può avere tutto, bisogna fare delle scelte, rinunciare a un vantaggio per ottenerne un altro; il senso letterale è più malizioso.
Il vinaio non sa scegliere tra vendere il vino o farlo bere alla moglie per ubriacarla. E quale vantaggio otterrebbe dall’ubriacatura della moglie? Probabilmente quello di poter fare i propri comodi mentre lei dorme profondamente, stordita dai fumi dell’alcol.
Ed ecco qui la maggiore affinità tra l’espressione italiana e la sua corrispondente francese, dove non si tratta di vino ma di burro, di contadina e non di moglie, ma la malizia resta.
“Vouloir le beurre, l’argent du beurre, et le cul de la fermière”: volere il burro, il ricavato della vendita del burro e il c… diciamo i favori della contadina. Si noti come l’ingordigia sia triplice nella versione transalpina: burro, soldi e compiacenza della contadina.
Non tanto per l’ingordigia, ma per il significato di incapacità a scegliere, a rinunciare a qualcosa in favore di un’altra, mi viene in mente una seconda espressione:
“Tenere il piede in due staffe” (quindi su due cavalli), che esiste anche nella versione: “avere il piede in due scarpe”, cioè una situazione e un modo di fare ingestibili, che non si possono mantenere, impongono di fare una scelta. Se ho pensato a questa frase idiomatica è altresì per la sua corrispondente francese:
“Avoir le cul entre deux chaises”, avere il sedere tra due sedie.
Anche qui si tira in ballo il fondoschiena. Che a pensarci bene, è un protagonista assai presente nell’immaginario popolare della patria di Molière. Tanto da essere comunemente usato come sinonimo colloquiale di attività sessuale, soprattutto nella forma abbreviata della sola lettera Q. (Sì, perché i francesi adorano sigla, acronimi e abbreviazioni in genere. Ma questo è un altro tema e, forse, meriterà un’altra rubrica.)
Torniamo al piede in due scarpe: per quanto meno seducenti dei fondoschiena, anche i piedi ricorrono nei dictons francesi. Uno di quelli che mi hanno sempre fatto sorridere è:
“Trouver chaussure à son pied”: trovare la scarpa giusta per il proprio piede, cioè trovare l’anima gemella, o, più in generale, una cosa perfetta per noi.
L’espressione sarà nata pensando a Cenerentola e al buon partito trovato grazie a una scarpetta? O più semplicemente perché è ben noto a tutti quanto sia doloroso camminare con scarpe non comode o del numero sbagliato?
A questo proposito, sempre in tema di scarpe, un’espressione quasi antitetica recita “être dans ses petits souliers”, cioè stare in scarpe strette, riferito a chi si trova a disagio, in imbarazzo, in una situazione spiacevole. Come le sorellastre di Cenerentola, se vogliamo spingere l’esempio della fiaba fin qui.
Quale sarebbe l’equivalente nostrano della “scarpa per il proprio piede”? Forse i due significati non coincidono del tutto, ma l’affinità è palese:
“Ogni pentola ha il suo coperchio”, per ognuno esiste l’anima gemella.
Adesso che ci penso: il fatto che “il diavolo faccia le pentole ma non i coperchi” c ‘entrerà in qualche modo?
Su tale domanda, dalle molte implicazioni, chiudo questo primo pezzo dedicato alle espressioni idiomatiche. Alla prossima.
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